lunedì 7 luglio 2014

Nuovo Codice Deontologico degli Ingegneri: l'equità non è di casa

Gli ingegneri iscritti all'Ordine Professionale hanno ricevuto in questi mesi estivi il nuovo Codice Deontologico redatto dal CNI.
Premetto che ho iniziato a leggerlo con la massima serenità e pacatezza che possiamo avere solo durante le pause estive ristoratrici dallo stress del lavoro, ciò nonostante non ho potuto fare a meno di notare due sgradevoli storture che richiamano alla mente l'esperta abilità del politico italiano nel far sembrare le disposizioni legislative di interesse comune quando invece l'interesse è solo di alcuni, spesso in barba ai principi di equità tanto auspicati negli articoli costituzionali.

- la prima stortura, prevista al punto 5.3, è costituita dalla differenziazione tra le lauree del vecchio e nuovo ordinamento, differenziazione che l'ultima sentenza 686/2012 del Consiglio di Stato aveva eliminato dall'esercizio professionale precisando (vedasi in questo blog l'articolo pubblicato nell'Aprile 2012) che "l’elencazione, compiuta all’art. 46 del decreto, delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle sezioni A e B dell’albo dell’Ordine degli ingegneri, ha il solo scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili nell’ambito della professione stessa come già normativamente definito".
Ignorando tale autorevole indirizzo interpretativo il CNI continua indefesso a scavare un solco tra vecchie e nuove lauree a danno esclusivo del futuro dei giovani (è di questo mese la notizia che circa 40.000 giovani iscritti ad INARCASSA ha redditi sotto la soglia di povertà). Tra l'altro questa interpretazione, che si basa sulla poco edificante motivazione del "diritto acquisito", cancellerà entro il 2030 la figura dell'ingegnere professionista, libero, fino a qualche anno fa, dalla limitazione presunta all'intelletto e alla capacità elaborativa propria dell'essere ingegneri. Questa aspirazione, lecita per chi consegue la massima istruzione tecnica, viene ingiustamente riservata dal CNI solo ai laureati pre DPR 328/2001 nonostante diverse sentenze (CdS n° 1473/2009 e CdS n° 686/2012) hanno chiarito che la suddivisione in Settori di attività ha il solo scopo di definire una specializzazione prevalente e non certo di limitare l'esercizio degli ingegneri post DPR 328/2001 all'interno del Settore di specializzazione.

- la seconda stortura, riportata al punto 22.1, prevede che le violazioni al Codice Deontologico siano sanzionate dal Consiglio di disciplina territoriale. Questa disposizione porterà purtroppo ad una ulteriore differenziazione di trattamento, questa volta sarà una differenziazione geografica e non anagrafica, dove per le medesime violazioni si avrà un diverso trattamento disciplinare dato che è cosa nota che l'Italia è sì una ma gli italiani sono fondamentalmente legati a campanilismi locali e quindi molto diversi tra loro.
Non possiamo che auspicare vi sia una revisione del Codice Deontologico che consenta un medesimo trattamento in tutta Italia e conceda ai figli almeno le opportunità avute dai loro padri in questa breve pausa terrena.

venerdì 26 luglio 2013

Ingegneri: formazione continua obbligatoria da Gennaio 2014

Sul Bollettino Ufficiale n° 13 del 15 luglio 2013 del Ministero della Giustizia è stato pubblicato il Regolamento adottato dal CNI per l'aggiornamento della competenza professionale degli ingegneri.
L'obbligo di aggiornamento della competenza professionale decorrerà già dal prossimo 1° gennaio 2014. La formazione professionale continua è obbligatoria sia in base al citato regolamento approvato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (scaricabile dal sito del CNI o cliccando qui) e richiamato dagli artt. 1.4 e 1.6 del Codice Deontologico, oltre che in base all’art. 1176 CC, che impone di mantenere sempre un livello dì perizia adeguato al caso che si affronta.
Agli Ordini territoriali è delegato il compito di vigilare sull’effettivo svolgimento dell’attività formativa. Come già avviene per altre categorie professionali (medici, notai, avvocati, commercialisti, periti industriali, geometri, ...) l’unità di misura della Formazione Professionale Continua è il Credito Formativo Professionale (CFP).
Inizialmente saranno accreditati 60 CFP a coloro che risultano già iscritti all'Albo, mentre per i nuovi iscritti i CFP accreditati saranno 90. Successivamente ogni anno verranno detratti 30 CFP che potranno essere integrati da altri CFP acquisiti dimostrando la partecipazione, documentata, ad attività di formazione continua riconosciute valide dal CNI.
Le attività di formazione professionale continua potranno essere di tre tipi:
1. non formale, mediante percorsi di formazione organizzati dagli Ordini territoriali;
2. informale, mediante percorsi di formazione individualmente organizzati;
3. formale, mediante percorsi di formazione organizzati dalle Università.


Per esercitare la professione l’iscritto all’Albo deve essere in possesso di un minimo di 30 CFP.

mercoledì 13 marzo 2013

Sbilanciamento idraulico negli impianti con radiatori

Ancora oggi nella stragrande maggioranza degli impianti di riscaldamento esistenti in cui si operano interventi di risparmio energetico, ci si limita ad installare (come previsto dall’art. 9 del DM 19/02/2007) caldaie a condensazione, circolatori a velocità variabile e valvole termostatiche su tutti i radiatori. Purtroppo però, non essendo obbligatori per legge, è d'uso installare insieme alle testine termostatiche corpi valvola privi di regolazione del Kv, ritenendo erroneamente che la testina termostatica sia già idonea a compensare durante il funzionamento gli errori di bilanciamento dell’impianto.
D’altronde la maggior parte degli impianti termici esistenti, privi di qualsiasi dispositivo di bilanciamento, dimostrano che la regolazione della portata non fa parte del bagaglio culturale dell’impiantista italiano il quale, anziché adeguare l’effettiva portata alla potenza necessaria, preferisce per convenienza economica realizzare impianti con elevate portate e prevalenze, lasciando ai posteri i problemi di gestione dello sbilanciamento delle temperature, dei rumori e degli esorbitanti consumi elettrici delle pompe.
Queste problematiche, trascurabili finché i corpi valvola erano sprovvisti di testine termostatiche, diventano ora gravi problemi da non sottovalutare.
Infatti con l’impiego dei circolatori a velocità variabile la portata dei radiatori viene inevitabilmente ridotta al minimo e su questi nuovi valori di portata l’impianto deve necessariamente risultare adattato se si vogliono risolvere i problemi sopraccennati.
La soluzione è più semplice di quanto possa sembrare: sarebbe sufficiente che le nuove testine termostatiche risultino accoppiate a corpi valvola dotati di limitatore di portata, ovvero si abbia un Kv regolabile su ciascun radiatore.
Infatti dal punto di vista idraulico i radiatori avendo ampi passaggi presentano Kv elevati (ovvero perdite di carico trascurabili) quindi in presenza di corpi valvola ordinari sprovvisti di Kv variabile si avrebbero extraflussi sui radiatori più favoriti che in presenza di circolatori a velocità variabile accentuano i difetti di sottoflussi sui radiatori più sfavoriti.
Per promemoria ricordo che il Kv è un coefficiente caratteristico che indica la portata fluente a valvola aperta e alla pressione differenziale convenzionalmente assunta pari a 1 bar.
Nelle varie unità di misura utilizzate dai Costruttori si avranno le seguenti relazioni:


Valori tipici dei Kv delle valvole da 1/2" completamente aperte variano da 1,8 a 2,4 m3/h bar.
Alle normali pressioni differenziali presenti sui corpi valvola (circa 5-20kPa) vedremo che tale valore può essere oltre 10 volte superiore a quello necessario per un radiatore da 1000W.
 
La preregolazione per il bilanciamento dei radiatori
Si è accennato al fatto che sembrerebbe non ravvisabile alcun vantaggio bilanciare la portata dei singoli radiatori, soprattutto se dotati di valvole termostatiche: essendo la loro funzione quella di correlare il flusso di calore emesso dal radiatore con la temperatura ambiente regolata, potrebbe conseguirne che il bilanciamento idraulico si ottiene con l’approssimarsi della chiusura della valvola al raggiungimento della temperatura voluta.
Infatti è pur vero che la valvola termostatica tende indirettamente a livellare le differenze di portata nei radiatori quando, per l'eccesso di temperatura ambiente nei locali sovrariscaldati, la chiusura delle termostatiche crea un aumento della perdita di carico nel radiatore interessato e quindi un maggior flusso si rende disponibile anche ai radiatori idraulicamente sfavoriti che risultano ancora freddi.
Questa proprietà è vera ma purtroppo si verifica solamente quando la temperatura ambiente nei locali favoriti supera il valore di set point e della banda proporzionale (tolleranza di regolazione della valvola). Se invece la temperatura ambiente risulta inferiore a questo valore la valvola sarà completamente aperta non esplicando così alcuna azione di bilanciamento.
Questi casi sono più numerosi di quanto si possa pensare e non si limitano al solo avviamento a freddo del mattino (morning start up) ma si verificano anche in presenza di regime intermittente o attenuato, di errori comportamentali (termostatiche tarate oltre i 22°C, apertura prolungata delle finestre, ...) nonché durante le continue pendolazioni all'interno della banda proporzionale che si hanno con il normale funzionamento della valvola termostatica.
In ogni caso dover attendere che il bilanciamento venga effettuato solo alla chiusura della termostatica, condizione che potrebbe anche non verificarsi mai (tante sono le valvole termostatiche che vengono lasciate dagli utenti al massimo della taratura), significa mantenere condizioni di funzionamento squilibrate che producono maggiori consumi di energia elettrica da parte delle pompe ed insufficienza di portata (e quindi di temperatura ambiente) nei radiatori idraulicamente più sfavoriti.
In sostanza tutti quei casi che provocano perturbazioni locali della temperatura ambiente, determinano la completa apertura della valvola termostatica e quindi necessitano di una limitazione della portata al valore limite corrispondente alla potenza massima erogabile dal radiatore. Erogare una portata maggiore del limite massimo necessario crea solo problemi ed aumenta i consumi energetici.
Fig. 1 Rappresentazione tempo di messa a regime tra impianto sbilanciato e bilanciato


Come vedremo dettagliatamente questi problemi possono essere risolti efficacemente e in modo semplice prevedendo valvole termostatiche dotate del dispositivo di preregolazione della portata.
Per focalizzare il problema prendiamo in considerazione due radiatori nello stesso appartamento: uno piccolo con Pn=500 W e l'altro grande con Pn= 2000 W, se ponessimo un  Dt=15°C (sarebbe auspicabile un dt=20°C) le portate nominali (qn) massime, ovvero a piena potenza, risultano essere: - per il radiatore piccolo da 500W:

 

- per il radiatore grande da 2000W:

Fig. 2  Portate nominali tra due radiatori di differente potenza

Supponiamo di trascurare le perdite di carico delle tubazioni e del corpo del radiatore concentrandosi solo sul Kv delle valvole di mandata e ritorno dei radiatori, le quali a valvole completamente aperte presentano normalmente ciascuna un Kv=2,2.
Dato che il Kv complessivo di un circuito con valvole inserite in serie si calcola con:
con le 2 valvole in serie avremo per ciascun radiatore un Kv complessivo pari a:


ipotizzando agli attacchi una pressione differenziale di 15kPa si avrà una portata reale (qR):
per ciascun radiatore.

 
E' bene osservare che la portata è la stessa per entrambi i radiatori, indipendentemente dalla loro potenza, essendo di fatto identica la perdita di carico valvola-radiatore.
In queste condizioni l'errore
ovvero l’esuberanza della portata effettiva rispetto a quella nominale necessaria, risulta essere:
  • per il radiatore piccolo da 500W:
  • ovvero quasi 20 volte il necessario;

  • per il radiatore grande da 2000W:


  • ovvero oltre 4 volte il necessario.

    A titolo indicativo si evidenzia che la portata di 602 l/h con Dt di 20°C è talmente esuberante al punto che potrebbe da sola soddisfare un impianto con potenza nominale di:

    ovvero un solo radiatore è attraversato da una portata normalmente richiesta da un intero appartamento ubicato in zona climatica D avente una superficie di circa 200m2 !
    Questo sovraflusso catastrofico in gergo viene definito "corto circuito idraulico".
    Ma questo sovraflusso ha aumentato della stessa proporzione anche la potenza emessa?
    Assolutamente no! La maggior portata costituisce solo una potenza termica "spendibile" ovvero potenziale, l'effettiva potenza termica emessa dipende dalle caratteristiche costruttive del radiatore e riassumibili dalla formula canonica dello scambio termico:
    dove U= trasmittanza di scambio termico (radiatori in aria calma U= 6-8W/m2K), S=superficie in m2 e dt è la differenza tra la temperatura del radiatore e la temperatura ambiente, ovvero:
    Siccome né U e né S possono aumentare ne consegue che una maggior portata conduce unicamente ad un aumento del dt del radiatore.
    Anche ammesso per assurdo che la differenza tm,tr diventi nulla, ovvero tm=tr=80°C (e quindi si avrà un
    dt=60°C anziché di 50°C) l'incremento di potenza (pE%) che ne consegue è modesto e non certo proporzionale all'esubero di portata, infatti ipotizzando una qualsiasi potenza Pn:


    Ciò significa che a fronte di aumenti impressionanti della portata si ottiene solo un modesto incremento della potenza (max 20%), inoltre un sovraflusso in una parte dell'impianto, se non viene adeguatamente compensato dalla pompa, significa inevitabilmente un sottoflusso da un'altra parte dell’impianto.
    I sottoflussi hanno una incidenza sulla potenza notevolmente superiore ai sovraflussi, questo fatto è messo in evidenza dalla fig. 3 se si nota la diversa inclinazione che assumono le curve prima e dopo il punto ottimale del 100% di portata e potenza.
    Fig. 3: Variazione % della potenza emessa (P%) in funzione della variazione di portata (q%) per diversi salti termici e riferiti ad un comune radiatore (n=1.3) e con ambiente a 20°C.


    Come se ciò non bastasse a creare problemi in un impianto, altre distorsioni se ne aggiungono.
    Ad esempio, valvole termostatiche regolate oltre la massima temperatura ambiente non andranno mai in chiusura: in questo caso è come se la testina termostatica non esistesse.
    Se la portata massima nei circuiti favoriti non viene adeguatamente limitata, questi extra flussi ridurranno la portata disponibile ad altre parti dell'impianto creando disagi soprattutto ai piani alti, i quali avendo tubazioni con maggior percorso hanno perdite di carico maggiori e quindi la portata disponibile sarà inferiore.

    sabato 9 marzo 2013

    Crisi economica e possibilità di crescita

    L'enorme debito pubblico (2.200 miliardi di euro, oltre interessi, a Settembre 2012), l'elevata spesa pubblica italiana (813 miliardi nel 2011), l'elevata sproporzione tra lavoratori (23 milioni di cui 5 milioni dipendenti pubblici e 4,5 milioni precari con reddito da sussistenza) contro pensionati e inattivi (38 milioni di cui 16 milioni di pensionati) presenta uno scenario catastrofico della situazione economica italiana nonché una premessa negativa non solo al risanamento dell'economia italiana ma alla stessa speranza di crescita futura.
    Soprattutto se si pensa che le principali voci di spesa sono costituite da retribuzioni ai dipendenti pubblici (25,3%), prestazioni sociali (45,3%), interessi sul debito pubblico (11,5%), non rimangono che briciole per gli investimenti fissi (4,7% ) e contributi (13,2%).
    Poche le speranze di miglioramento anche con l'attuale "politica dell'urgenza" di questo governo tecnico che di fatto sta creando ulteriore recessione operando più con tagli ai servizi, riduzione delle deduzioni e detrazioni fiscali ed un aumento generale della tassazione anziché eliminare sprechi e privilegi. Con questa logica non è affatto utopistico prevedere nel prossimo futuro la sostanziale riduzione degli incentivi fiscali per il risparmio energetico.
    È ormai evidente che il rallentamento degli ultimi anni dell’economia Italiana non ha origini unicamente congiunturali legate all'andamento generale delle economie mondiali, bensì strutturali proprie del "Sistema italia". Inoltre la perdita di posizioni della nostra economia non ha coinciso con un aumento del potere d’acquisto delle famiglie italiane, come invece è accaduto in passato, ma al contrario il loro benessere sta scendendo a conferma delle difficoltà in cui versa il nostro sistema in generale.
    Le attuali forze politiche di governo sostengono che la nostra posizione di svantaggio nasca dalla scarsa concorrenza, rigidità del mercato del lavoro o carenze dei mercati finanziari, e su questi temi si sono focalizzati le ultime riforme del mercato del lavoro. In realtà questi fattori, per quanto penalizzanti, non possono spiegare da soli il declino visto che sono presenti anche in maniera più pronunciata in altre economie occidentali più performanti della nostra.

    A mio avviso il problema principale dell’Italia è mostrato con evidenza dai dati della spesa pubblica (
    http://www.governo.it/GovernoInforma/spending_review/documenti/Revisione_spesa_pubblica_20120508.pdf
    ), la quale non solo ha accumulato un debito mostruoso i cui soli interessi (oltre 100 miliardi di euro anno) rappresentano oltre il 10% del PIL, ma è strutturata per mantenere spese insostenibili per la crescita come milioni di pensioni (incidenza 32% del PIL) computate sul sistema retributivo anziché contributivo, un elevatissimo numero di dipendenti pubblici per lo più inutili o inefficienti e una spesa sanitaria mostruosa che assorbe oltre il 37% delle entrate e che nella contabilità dei governi regionali raggiunge mediamente il 70% della spesa complessiva.
    Se a ciò si aggiunge il fatto che i giovani, per lo più disoccupati o con contratti a termine, non hanno possibilità di accesso al credito (accesso tra l'altro reso difficoltoso anche per le imprese già avviate), hanno bassi redditi che non li consentono di sostenere autonomamente una vita indipendente atta a formare una famiglia (se non fosse per l'immigrazione straniera -a bassa istruzione- avremmo una natalità in deficit di una generazione), si potrebbe affermare che l'Italia è in una situazione fallimentare con scarse possibilità di crescita.

    Come è possibile allora innescare il circolo virtuoso di crescita economica e tecnologica?

    Sicuramente è necessario un cambio di mentalità della politica, ovvero del suo elettorato (ormai prevalentemente costituito da pensionati), che abbia il coraggio di eliminare i diritti acquisiti a danno delle future generazioni, eliminare gli sprechi, ridurre la pressione fiscale alle imprese, riprendere il controllo dell'emissione della moneta e del suo potere di acquisto, sostenere la ricerca scientifica e migliorare il sistema dell’istruzione. Su questo ultimo punto è necessario fornire più laureati specialmente nei settori scientifici e tecnologici favorendo una preparazione generale, ad ampio orizzonte, anziché troppo specifica dato che oggi le condizioni di lavoro mutano rapidamente ed è quindi richiesta una certa adattabilità.

    Dati ISTAT titolo di studio popolazione italiana nel 2011

    Personalmente non credo che ciò avverrà a breve termine, infatti lo stesso "governo tecnico", ormai alla fine del suo mandato, si è rivelato incapace di attuare le riforme necessarie, però credo anche che, così come avviene in natura, anche nella società vi siano cicli di "morte e resurrezione", al più è necessario attendere l'inevitabile autodistruzione di questo sistema politico dalle cui ceneri non potrà che nascere una politica migliore a cui storicamente forse seguirà un ulteriore declino se chi governerà continuerà ad avere un "orizzonte" limitato alla vita dei suoi elettori, per lo più pensionati.

    Dati ISTAT prestazioni pensionistiche erogate nel 2010
     
    Dati ISTAT distribuzione e reddito pensionati italiani

    Norme ambientali e caos legislativo

    Secondo il prof. Sabino Cassese, componente della Corte Costituzionale e uno dei massimi esperti in materia, il sistema del "Diritto" in Italia si basa su oltre 150.000 leggi nazionali (senza contare quelle emanate dagli enti locali) contro una media europea di circa 5.000.
    Questa incredibile proliferazione delle leggi crea solo confusione e non è certamente indice di chiarezza e democrazia. Le cause del nostro caos normativo sono dovute a diversi fattori:

  • la cattiva abitudine del politico-legislatore di fare leggi a parziale modifica di questo o quell'articolo originando "leggi di modifica" collegate alla legge originaria. Ciò fa si che si leggano ad esempio testi assurdi come il seguente, ripreso dall'art. 3 comma 26 lett. A del Dlgs 128/2010 (Dlgs di modifica del Dlgs 152/2006 Testo Unico sull'Ambiente) : "al comma 1, le parole "all’articolo 281, comma 3" sono sostituite dalle parole "all’articolo 290, comma 3" e le parole "dell’articolo 281, comma 2" sono sostituite dalle parole "dell’articolo 281, comma 3."".

  • In casi simili, se il lettore non viene colto subito da labirintite, avrà sicuramente lo sconforto di montare e smontare pezzi di testo come si trattasse di un codice cifrato che voglia nascondere informazioni riservate. Per semplificare le norme e ridurne il numero basterebbe che la nuova norma eviti di richiamarne una precedente ma la elimini assorbendone i contenuti prescrittivi. Giusto per avere un idea della problematica, ad oggi risultano emanate ben 62 leggi di modifica del testo originario del Dlgs 152/2006, come può essere rilevato dal sito
    http://www.reteambiente.it/normativa/11097 ;

  • la frammentazione delle leggi italiane è conseguenza diretta dell'eccessiva frammentazione politica del Parlamento oltre che del sistema di doppia approvazione che, per la stessa legge, impone continue ed estenuanti "navette" tra Camera e Senato. Purtroppo questo iter legislativo eccessivamente contorto, disposto dall'anacronistico art. 70 della Costituzione, fa sì che venga preferita la modifica parziale, di sicura approvazione, piuttosto che la ridiscussione e riapprovazione dell'intero testo legislativo;


  • l'abitudine del politico di turno di operare interessi particolari di questa o quella categoria o di questo o quel personaggio/azienda anziché, come richiamerebbe la Costituzione, produrre leggi indistintamente applicabili nell'interesse dei cittadini.
  • Per tali motivi quando ci riferiamo ad una qualsiasi legge dovremmo sempre contestualizzarla al periodo in cui è stata emanata e soprattutto indicarne la paternità politica.
    Se tenessimo memoria di questi particolari diverremmo sicuramente elettori più consapevoli.
    Il disegno normativo del Dlgs 152/2006 probabilmente è stato fatto con le migliori intenzioni di tutela ambientale e infatti la struttura risulta innovativa rispetto alle precedenti regolamentazioni sull'ambiente: primo per il tentativo (anche se non perfettamente riuscito) di riorganizzare ed unificare tutta la normativa pre vigente in tema Ambientale, secondo per il tentativo di orientare la politica energetica-ambientale con la dismissione dei combustibili particolarmente inquinanti e l'indirizzamento verso impianti a combustibile gassoso, terzo per l'inasprimento delle sanzioni in caso di violazione della normativa ambientale.
    Su quest'ultimo punto è dedicata tutta la Parte VI del Dlgs 152/2006 che oltre alle disposizioni pecuniarie e penali introduce anche i fondamenti di "ripristino dell'ambiente" e "risarcimento del danno ambientale", fondamenti per i quali, a titolo di esempio, è stato possibile bloccare il funzionamento dell'ILVA di Taranto e che il governo Monti ha poi ripristinato, modificando appositamente il Dlgs 152/2006, con la legge 221 del 24/12/2012 "Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale".

    Valvole termostatiche: sono tutte uguali?

    L’obbligo di utilizzo delle valvole termostatiche negli impianti di riscaldamento è stato introdotto in Italia con l’art. 7 comma 7 del DPR 26/08/1993 n°412 "Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10", disposizione da applicarsi per tutti gli impianti termici di nuova installazione e nei casi di ristrutturazione degli impianti termici esistenti.
    Di fatto però l’installazione delle valvole termostatiche veniva completamente disattesa non solo a causa di una deficienza culturale degli utenti, che fa si che spesso nei condomini si preferisce aprire la finestra piuttosto che ridurre la portata dei radiatori, ma anche perché l’introduzione delle valvole termostatiche avrebbe richiesto pompe a velocità variabile, tecnologia insufficientemente apprezzata fino al 2005 dalla maggior parte degli installatori, i quali, bisogna ricordare, all’epoca erano restii anche all’impiego delle caldaie a condensazione, fermi della convinzione che la condensazione dei fumi era un fenomeno dannoso assolutamente da evitare.
    La maturazione culturale dell’utenza, sospinta dall’impennata dei costi delle fonti energetiche, la disponibilità di nuove tecnologie a basso costo, nonché la rivoluzione del dettato normativo voluta dall’Europa e recepita in Italia con il Dlgs 192/2005 e consolidata anche con il DPR 59/2009 (forte anche di una campagna di incentivazione fiscale del 55% tutt’ora in atto) ha consentito la pressoché diffusa applicazione non solo delle valvole termostatiche ma spesso anche dei sistemi di contabilizzazione individuale del calore.
    Le normative che impongono l'installazione delle valvole termostatiche sono le seguenti:
    Evoluzione normativa sull’obbligo di installazione delle valvole termostatiche nei casi di nuova installazione o ristrutturazione degli impianti o mera sostituzione dei generatori di calore.

    Le norme UNI, l’inizio della buona tecnica

    Dal 2007 possiamo dire che l’utilità della valvola termostatica e il suo utilizzo è ormai consolidato, ma trattandosi di un piccolo oggetto che esternamente dispone di un’unica funzione, quella di limitare la massima temperatura dell’ambiente, si può essere indotti a pensare, erroneamente, che le valvole termostatiche siano sostanzialmente tutte uguali.
    In realtà, come vedremo nel dettaglio, gli elementi interni che determinano la differenza tra una valvola e l’altra possono essere molto rilevanti come ad esempio la natura dell’elemento sensibile (gassoso, liquido o solido), la preregolazione con Kv variabile (ovvero la possibilità di bilanciamento), l’emissione acustica (ovvero la possibilità del quieto vivere) in funzione della pressione differenziale, ecc...
    Da notare che già queste 3 importanti caratteristiche, che determinano non solo l’affidabilità in esercizio del singolo radiatore ma anche il regolare funzionamento dell’intero impianto di riscaldamento, non hanno condizioni imposte né dalla legislazione vigente né dalla norma tecnica di prodotto definita dalla norma UNI EN 215:2007.
    Proprio in queste situazioni di scarsa regolamentazione normativa, spetta al progettista informare gli utenti per indirizzare il mercato verso la migliore soluzione del problema.
     
    Caratteristiche delle valvole termostatiche

    Ancora oggi molti tecnici trovano qualche resistenza nell’ottenere dai Costruttori schede tecniche esaustive che vadano oltre la formale dichiarazione di conformità alla norma UNI EN 215. Come vedremo tale norma riflette evidentemente la difficoltà dei Costruttori nel commercializzare valvole di maggior costo ovvero con discrete prestazioni, difficoltà imputabile per lo più all'incapacità dell'utenza di selezionare le valvole termostatiche valutando il corretto rapporto prezzo/prestazioni.
    Questo problema non viene risolto dalla norma UNI-EN 215, la quale, definendo caratteristiche e metodi di prova della valvole termostatiche, non offre alcuna differenziazione in scala qualitativa ma prescrive solo dei limiti massimi di accettabilità. Del resto le numerose variabili da considerare nella valutazione qualitativa di una valvola termostatica non consentirebbero una agevole classificazione. In questa fase iniziale di sviluppo del mercato anche la legislazione stessa non è ancora (forse volutamente) selettiva, considerando già un buon risultato l’installazione delle valvole termostatiche indipendentemente dalle differenti prestazioni disponibili sul mercato. Infatti se leggiamo la risposta ENEA alla faq 23 (
    http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/faq.pdf) in merito al requisito da assegnare alla "bassa inerzia termica", richiesta dall'art. 9 comma 1.B del DM 19/02/2007 (contenente le disposizioni per l'accesso alle detrazione fiscale del 55% per gli interventi di risparmio energetico), viene indicato il valore limite di 40 minuti previsto all'art. 5.3.12 della UNI-EN 215.
    Tale valore essendo un limite massimo risulta esageratamente elevato e non rappresenta affatto la buona qualità soprattutto se confrontato con le performanti valvole termostatiche con sensore a gas la cui costante di tempo è di pochi minuti.
    Questo è un semplice esempio di quanto sia utile avere una completa comprensione delle principali caratteristiche e dei valori da tener conto nella corretta scelta della valvola termostatica.

    La classificazione TELL delle valvole termostatiche
    L'acronimo TELL (Thermostatic Efficiency LabeL) identifica un'associazione di Costruttori europei di valvole termostatiche che hanno volontariamente deciso da Aprile 2011 di creare uno standard di valutazione della qualità delle valvole termostatiche. Il criterio di valutazione considera i seguenti parametri:
    • Tempo di risposta Z

    • Isteresi C

    • Influenza della temperatura dell'acqua W

    • Influenza della pressione differenziale D
    Ed effettua il rapporto dei 4 valori Z, C, W, D tra quelli della valvola ed i limiti previsti dalla UNI-EN 215 applicando il seguente algoritmo:

    Il risultato analitico, chiamato EEI (Energy Efficiency Indicator), stabilisce l'assegnazione di una Classe di efficienza energetica (A - F) secondo i valori riportati nella seguente tabella:
    Classificazione TELL (Thermostatic Efficiency LabeL) adottata da alcuni Costruttori di valvole termostatiche

    La Classe A, con rapporto di efficienza EEI ≤0.5, viene assegnata quando le prestazioni della valvola sono migliori di almeno il doppio di quelle previste dalla norma UNI-EN 215.
    Ciò nonostante è molto probabile che l'orientamento del mercato porterà ad un rapido incremento qualitativo dei componenti e, come avvenuto già per i frigoriferi domestici, si dovrà tra qualche anno ampliare la scala con l'aggiunta delle classi A+ (EEI ≤0,4) e A++ (EEI ≤0,3).
     Se confrontassimo le prestazioni ed i costi delle principali valvole presenti sul mercato avremmo la seguente tabella:
    La sottostante tabella confronta, a titolo di esempio, alcuni prodotti sui seguenti parametri:
  • il tipo di elemento sensibile, ES (G=gas, L= liquido, C=cera);
  • la pressione massima di esercizio, Pe (kPa);
  • la pressione differenziale massima, dpm (kPa);
  • il valore regolabile del Kv per valvola a squadra da 1/2" (m3/h con P=1bar);
  • Il tempo di risposta, Z (minuti);
  • l'isteresi tra chiusura ed apertura, C (K);
  • l’influenza della pressione differenziale, D (K);
  • l’influenza della temperatura dell’acqua a 70°C, W (K);
  • l’indice di prestazione TELL, (adim);
  • il costo della testina termostatica completa di corpo valvola, da catalogo 2011 (€);
  • Il costo riferito alla prestazione R calcolato come Costo*indiceTell (€).


  •  
    Confronto dei parametri UNI-EN 215:2007 tra alcuni Costruttori. Prestazioni e costi indicati sono quelli riportati nelle schede tecniche e cataloghi in vigore all’ 11/11/2011, data di conclusione del presente articolo.

    Conclusioni
    Il presente articolo ha voluto focalizzare un aspetto spesso trascurato nella scelta delle valvole termostatiche che è quello del confronto non solo del prezzo ma anche delle prestazioni, esigenza sentita anche dagli stessi Costruttori che hanno aderito al sistema di valutazione qualitativa TELL, sistema certamente non esaustivo ma che rappresenta al momento un buon inizio. In proposito si spera che con l'incremento della qualità vengano considerati anche altri importanti parametri attualmente non contemplati dalla norma UNI-EN 215 tra cui l'emissione acustica in dB(A) e la sensibilità (alzata per grado di temperatura) della valvola termostatica.

    Unità di misura: quanta confusione!

    La parola errore viene dal latino error e significa "vagare qua e là", essere perduto, infatti quando si fa un errore è un po’ come perde la strada della verità.
    Purtroppo gli errori nell'uso delle unità di misura sono molto frequenti, spesso capita di leggere articoli di interessante valore tecnico-scientifico ma che riportano unità di misura errate o non più in uso che conseguentemente conducono a risultati difficilmente utilizzabili.
    Ma come farne una colpa quando già alle elementari al piccolo studente vengono insegnate unità di misura come l'ara, il quintale e le kcal o con non curanza si scrivere mt o ml anziché m?
    Inoltre che dire della legislazione tecnica, come ad esempio il Dlgs 152/2006 Allegato IX Parte II (requisiti tecnici costruttivi dei camini) o il DPR 37/2008 (sicurezza degli impianti) in cui compaiono ancora unità di misura come le chilocalorie o le frigorie/h o si scrivono indifferentemente kw, KW o Kw anziché kW?
    Eppure oltre ad una discreta normativa tecnica sulle unità di misura (vedasi la UNI-CEI-ISO 31-0 e tutta la serie di norme UNI-CEI-ISO 80000) vi è un obbligo di legge disposto dal DPR 802 del 12/08/1982 il quale oltre a vietare l'uso delle unità non riconosciute dal SI prevede, con l'art. 4, una sanzione equivalente alle vecchie 500.000 lire.
    Nonostante ciò l'ignoranza in materia regna sovrana, soprattutto nel settore delle costruzioni civili, ignoranza sostenuta specialmente da chi opera da molti anni senza porsi il problema di aggiornarsi per iniziare ad utilizzare un linguaggio che sia riconosciuto a livello internazionale.
    Opporsi a questo "rinnovamento" è, per fare un paragone, come rifiutare di formare una lingua internazionale in cui seguendo semplici regole è possibile farsi capire da tutti.

    Per approfondimenti:

    giovedì 19 aprile 2012

    Competenze professionali alla luce della sentenza 686/2012 del Consiglio di Stato

    Su diversi siti Internet si da risalto alla sentenza del Consiglio di Stato n° 686 del 09/02/2012 la quale ha affermato, contrariamente al precedente parere espresso dal CNI, che gli ingegneri civili triennali possono progettare semplici costruzioni anche in zona sismica.

    Leggendo attentamente tutte le 20 pagine della sentenza, in particolare le pagine 12, 13, 14 e 15 emerge chiaramente che il parere espresso dal Consiglio di Stato ha una portata ben maggiore di quella prevista nell’introduzione a cui il ricorrente, ingegnere civile triennale, chiedeva giudizio.

    La sentenza del Consiglio di Stato 686/2012 infatti va oltre, chiarendo che il DPR 328/2001 "non modifica l'ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna professione" e che "l’elencazione, compiuta all’art. 46 del decreto, delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle sezioni A e B dell’albo dell’Ordine degli ingegneri, ha il solo scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili nell’ambito della professione stessa come già normativamente definito" e che pertanto "le disposizioni vigenti in tema di attività riservate a ciascuna delle citate professioni, rimangono quelle previste agli artt. 51 e 52 del Regio Decreto 23 ottobre 1925 n° 2537" come richiamato dallo stesso comma 2 dell’art. 1 del DPR 328/2001.

    In sostanza la suddivisione nei settori A, B e C operata dal DPR 328/2001, sia per gli ingegneri triennali che per gli ingegneri quinquennali, ha unicamente lo scopo di definire una specializzazione prevalente e non quello (contrariamente a quanto creduto fin'ora) di limitare l'esercizio degli ingegneri post DPR 328/2001 all'interno del settore di specializzazione/prevalenza.

    Ciò non rappresenta a priori un rischio di incompetenza dato che è comunque imprescindibile operare sempre con la dovuta responsabilità, capacità ed il rispetto delle regole deontologiche che regolamentano già la nostra professione. In caso contrario si incorrerà nelle tutelari sanzioni disciplinari, civili e penali già regolate dalla normativa vigente, senza che però vi debba essere a priori una limitazione presunta all'intelletto ed alla capacità elaborativa propria dell'essere ingegneri.


      ----> Scarica qui la copia integrale della Sentenza n° 686/2012 del Consiglio di Stato <----


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